Ai sensi dell'art. 1111 c.c. "Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione".
Il procedimento di scioglimento della comunione è regolato dal codice di procedura civile agli artt. 784 e ss.
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità in quanto compatibili, e ciò stante il rinvio ex art. 1116 c.c..
Orbene, la divisione ha luogo in natura se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti (art. 1114 c.c.).
Ove si tratti, invece, di immobili non comodamente divisibili, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore. Se nessuno dei comunisti è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all'incanto. (art. 720 c.c.).
E' principio di diritto applicato dalla giurisprudenza che "i beni immobili non possono considerarsi comodamente divisibili allorché, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero" (Cass. n. 25888/2016).
In ogni caso, con riferimento allo scioglimento della comunione “la stima dei beni, ai fini della formazione delle quote, va riferita ai valori correnti all’epoca della divisione” (Cassazione civile, sez. II, 22/06/2010, n. 15123).
E' principio di diritto applicato dalla giurisprudenza che "in tema di divisione immobiliare, il comproprietario di un immobile che durante il periodo di comunione abbia goduto del bene in via esclusiva senza un titolo giustificativo, deve corrispondere agli altri i frutti civili, quale ristoro della privazione della utilizzazione “pro quota” del bene comune e dei relativi profitti, con riferimento ai prezzi di mercato correnti dal tempo della stima per la divisione a quello della pronuncia” (Cass. 18445/2014; Cass. 14652/2012; Cass. 7881/2011).
L’art. 723 c.c., stante il richiamo contenuto nell’art. 1116 c.c., obbliga il comproprietario che abbia goduto in via esclusiva dei beni comuni sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri comproprietari, e ciò a decorrere dall'inizio del godimento esclusivo sine titulo.
E' stato precisato che il presupposto della resa dei conti è la “gestione degli affari altrui” condotta da uno dei comunisti restando irrilevante, quanto al relativo obbligo, la condotta disinteressata del comproprietario escluso dal godimento. (Cass. 13619/2017, Cass. n. 2148/2014).
Invero è dalla divisione che traggono origine l'obbligo della resa dei conti e l'esigenza dell'imputazione alla quota di ciascun comunista delle somme cui è debitore verso i condividenti (Cass. 16700/2015).
In particolare, in sede di divisione, ciascun comunista deve imputare alla sua quota le somme di cui era debitore verso gli altri comproprietari in dipendenza dei rapporti di comunione (724 co.2 c.c.).
Avv. Luigi Delle Cave
Contattaci per una consulenza
Tel. 338.9117705
E-mail: studiolegaledellecave@gmail.com
댓글